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Fruttosio o zucchero? Facciamo chiarezza

Le origini dello zucchero (glucosio + fruttosio)

Quando diciamo “zucchero" facciamo riferimento comunemente al saccarosio, un composto organico della famiglia dei glucidi disaccaridi, caratterizzato da una molecola costituita da due monosaccaridi, ovvero glucosio e fruttosio. Il saccarosio si estrae da tanti prodotti presenti in natura – alle piante serve come riserva energetica – come la barbabietola e la canna da zucchero, il miele, la frutta, l’acero e la palma da cocco e si trova poi in vendita nella forma “raffinata” di colore bianco oppure “grezza” di colore brunito. Le prime testimonianze dell’elaborazione di processi di estrazione e dell’utilizzo dello zucchero in cucina risalgono addirittura al 5000 a.C. e da allora si sono susseguite tecniche sempre più raffinate di estrazione che variano a seconda delle differenti parti del mondo, dalla Polinesia, passando per la Cina, l’India, l’Australia, l’America Latina fino a giungere verso il 500 a.C. in Europa. Lo zucchero pare fosse utilizzato dagli arabi già nel VI secolo d.C. e furono loro ad estendere la coltivazione della canna da zucchero. Questo elemento della cucina è rimasto a lungo prezioso e costosissimo e soltanto le famiglie facoltose potevano permettersi di usarlo come dolcificante. Attualmente esistono in commercio vari tipi di zucchero:

  • zucchero agglomerato: gli viene data la forma a zolletta quando è ancora umido e viene fatto essiccare;
  • zucchero macinato e setacciato (lo zucchero semolato è la parte più grossolana che rimane dopo la raffinazione, lo zucchero a velo è quella più fine);
  • zuccheri speciali, come gli sciroppi o lo zucchero candito.

Il fruttosio: una delle alternative allo “zucchero”

Tralasciando i dolcificanti sintetici come l’aspartame, lo xilitolo, il sorbitolo, il sucralosio e l’acesulfame, in vendita si trovano delle alternative allo zucchero da cucina e una di queste è il fruttosio. In termini di struttura chimica, il fruttosio al contrario del saccarosio è un monosaccaride ed è presente nella frutta, nel miele e nei vegetali. Una sua caratteristica è che tende ad assorbire acqua dall’ambiente esterno, ragion per cui lo si sfrutta come conservante per evitare l’essiccazione di molti prodotti.

A temperatura ambiente il fruttosio si presenta in forma liquida, ma tramite il processo di raffinazione se ne ottengono cristalli bianchi che lo fanno somigliare al saccarosio e ne facilitano la vendita. Il fruttosio, se viene assunto da solo, ha la proprietà di arrivare immutato all’intestino tenue dove viene assorbito e trasportato nel fegato. Rispetto al saccarosio ha una velocità di assorbimento inferiore e se assunto in quantità eccessive può andare incontro ad una rapida fermentazione. Inoltre, se presente in eccesso nell’organismo, il fruttosio viene convertito in acido lattico o in trigliceridi che verranno poi immessi nel sangue o depositati nel fegato: questi ultimi sono chiaramente due “punti a sfavore” del fruttosio rispetto al saccarosio.

Un punto a favore del fruttosio è che ha maggiore potere edulcorante, quindi se ne può utilizzare di meno. Spesso si associa erroneamente l’idea del fruttosio a quella di un’alternativa “naturale” e più sana al saccarosio che viene invece considerato un “prodotto industriale”. La verità è che tutto sommato hanno proprietà simili (sono carboidrati semplici e non complessi come gli amidi) ed entrambi pregi e difetti, e la “brutta notizia” è che vanno assunti tutti e due con moderazione.

Ma allora è meglio lo zucchero o il fruttosio?

Consapevoli di queste semplici e basilari differenze tra quello che comunemente chiamiamo zucchero ed il fruttosio, potremo fare le nostre scelte anche in base alle particolari raccomandazioni del medico. Quando si fanno i propri acquisti, si dovranno senz’altro sempre considerare con prudenza gli slogan ingannevoli ai quali, talvolta, ricorrono le aziende per vendere zuccheri o prodotti con contenuti di zuccheri come il fruttosio che vengono presentati come “naturali”, senza fornire poi chiare spiegazioni al consumatore e facendo appello alle sue emozioni anziché indicare esplicitamente i valori nutrizionali. Persino con la semplice dicitura “senza zuccheri aggiunti" ad esempio, si esprime un concetto piuttosto vago e spesso si vuole lasciar intendere che quell’alimento sia ‘dietetico’ o ‘più sano’. Il primo suggerimento è quindi quello di tenere d’occhio l’etichetta che riporta i valori nutrizionali.

Fonti:

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