La pasta al dente è quella che ha una buona consistenza, tale da opporre una certa resistenza alla masticazione. Ma che cosa significa con più esattezza che la pasta è al dente? Come si riconosce la pasta al dente? Quanti minuti deve cuocere? E come dovrebbe essere una buona pasta al dente? Infine, è meglio la cottura al dente o, invece, una cottura più lunga (o magari più breve)? Proviamo a rispondere!
PASTA AL DENTE O COTTA?
Capita di sentire opporre la pasta al dente alla pasta cotta. Ma si tratta davvero di opposizione?
Secondo alcuni, con la cottura al dente la pasta mantiene una piccola parte bianca, più dura, all’interno (la cosiddetta anima). Altri ritengono che, affinché si abbia cottura al dente, non ci debbano più essere parti bianche.
Tendo a propendere per la seconda idea. Anche se nella pasta cotta si possono identificare tre aree – una più interna, una intermedia e una esterna – con caratteristiche diverse in termini di cottura, la pasta è al dente appena dopo che la piccola parte bianca al centro scompare.
Certo, la pasta potrebbe essere cucinata più a lungo, e in questo senso la pasta al dente non è completamente cotta. Tuttavia, questo non significa che sia cotta in modo insufficiente: come vedremo, secondo alcuni studi la cottura al dente è la migliore dal punto di vista nutrizionale.
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COM’È UNA BUONA PASTA AL DENTE?
Abbiamo detto che la cottura al dente è quella per la quale la pasta oppone una certa resistenza alla masticazione senza essere croccante nella parte più interna. E com’è una buona pasta al dente? Ebbene, secondo alcuni deve essere:
- poco appiccicosa (un po’di amido in superficie, che la rende un po’ appiccicosa, è gradita perché aiuta a trattenere i sughi e a renderli cremosi);
- elastica, un poco gommosa;
- di consistenza quanto più omogenea possibile (cioè non molle all’esterno e dura dentro).
Non tutta la pasta sul mercato è adatta a realizzare un buon piatto di pasta al dente. In alcuni casi la pasta cotta, anche provando a cuocerla al dente, risulta appiccicosa, o poco elastica, oppure di consistenza molto diversa all’esterno e all’interno (all’esterno molle e ancora dura all’interno).
Essiccazione della pasta e cottura
La modalità di essiccazione conta per potere cucinare una buona pasta al dente?
Se l’essiccazione della pasta avviene con il metodo cosiddetto tradizionale, cioè a una temperatura approssimativamente uguale o inferiore a 55 °C, la pasta secca ottenuta presenta una struttura molto simile a quella della semola di grano duro originaria.
Invece, in caso di essiccazione ad alta temperatura con bassa umidità (indicativamente inferiore al 20%), durante il processo alcune proteine formano una rete proteica mentre l’amido, a causa della bassa umidità, non gelatinizza. In questo caso, durante la cottura l’amido si gelatinizza e la rete proteica (già formata) la trattiene.
La pasta essiccata ad alta temperatura ha un vantaggio durante la cottura perché, anche se l’amido gelifica rapidamente, la rete proteica è già pronta a trattenerlo, impedendo alla pasta di diventare collosa. Secondo alcuni studi, tuttavia, attualmente l’essiccazione ad alta temperatura non sempre è effettuata dai produttori in modo da minimizzare o, se possibile, evitare il cosiddetto danno termico, e in particolare la diminuzione della biodisponibilità della lisina, un amminoacido essenziale.
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PASTA AL DENTE QUANTI MINUTI
Il tempo necessario per la cottura al dente dipende da diversi fattori come la semola di grano duro utilizzata e la forma della pasta. Formati di pasta con spessore elevato, a parità di altre condizioni, richiedono più tempo per la cottura.
Quindi per una pasta al dente quanti minuti di cottura sono necessari? I produttori spesso indicano il tempo di cottura sulla confezione: consideralo come un’indicazione generica e, un paio di minuti prima di raggiungere il tempo di cottura suggerito, inizia a provare la pasta. Quando mordi la pasta e senti che è tenera e che però oppone ancora una certa resistenza alla masticazione, hai raggiunto la cottura al dente.
Se prevedi che, dopo avere cotto la pasta nell’acqua, la farai passare in padella con la salsa, allora scolala un momento prima che sia al dente. Il momento giusto per scolarla è quello in cui, dopo averle dato un morso, guardando la sezione trasversale vedrai una piccola parte bianca (nel caso degli spaghetti, un piccolo punto bianco al centro, nel caso dei rigatoni un sottile anello bianco). La parte bianca necessita ancora un po’ di cottura: finirà di cuocere con la salsa.
Scopri di più su come cuocere la pasta
PASTA AL DENTE E PASTA FONDENTE
Durante il Medioevo la pasta veniva cotta molto a lungo (ad esempio per quaranta minuti), anche su consiglio dei medici. La pasta era consumata decisamente fondente. La cottura lunga è stata il modo normale di cucinare la pasta anche per diversi secoli successivi.
La cottura breve probabilmente è nata nelle strade di Napoli durante il XIX secolo.
Nel corso del XX secolo, poi, la pasta al dente si è diffusa in Italia e in diverse parti del mondo, anche attraverso l’emigrazione italiana.
PASTA AL DENTE BENEFICI
La cottura al dente della pasta è consigliabile dal punto di vista nutrizionale? O invece la pasta al dente fa male?
In effetti, la cottura influisce su:
- aromi e odori. Ora, secondo uno studio la percezione di sapori e odori piacevoli a sua volta influenza positivamente la digestione, generando una maggiore concentrazione di Pepsina, un enzima presente nel succo gastrico che aiuta a digerire le proteine;
- carico digestivo;
- indice glicemico.
Secondo alcuni studi, la cottura al dente della pasta è la migliore dal punto di vista nutrizionale. Cuocere la pasta più a lungo, infatti, probabilmente fa sì che sia masticata poco, e la breve permanenza in bocca impedirà che l’amilasi salivare (nota anche come ptialina, un enzima rilasciato attraverso la saliva), contribuisca adeguatamente alla digestione.
Inoltre, cuocere la pasta al dente ne riduce l’indice glicemico rispetto al caso della cottura lunga. Nella pasta al dente l’amido è trattenuto nella rete proteica del glutine, e viene assimilato più lentamente.
E cuocere la pasta meno che al dente (al chiodo, come dicono alcuni)? Una cottura della pasta così breve non è ottimale dal punto di vista nutrizionale: i granuli di amido contenuti nella parte interna rimarrebbero intatti e non sarebbero digeribili.
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ALCUNI RIFERIMENTI E BIBLIOGRAFIA
- Angelo Sicigna, Effects of raw material, technological process and cooking procedure on quality of pasta from durum wheat semolina. Tesi sperimentale per il conseguimento del titolo di Dottore di ricerca in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Agro-Alimentari, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II, DIPARTIMENTO DI AGRARIA. Docente tutor: Chiar.ma Prof.ssa Silvana Cavella; Docente cotutor: Chiar.ma Prof.ssa Rossella Di Monaco
- Catherine Peyrot des Gachons, Paul Breslin, Salivary Amylase: Digestion and Metabolic Syndrome, School of Environmental and Biological Sciences, Nutritional Sciences, JournalCurrent Diabetes Reports, Oct. 2016
- Alessandra Marti – Gabriella Bottega – Claudio Patacca – Maria Ambrogina Pagani, Indagine sul danno termico della pasta secca e sue relazioni con le caratteristiche della materia prima e delle condizioni di processo, DeFENS, Sezione di Tecnologie dei Sistemi Alimentari – Università degli Studi di Milano – Via Celoria 2 – Milano – Italia
- Silvano Serventi, Françoise Sabban, La Pasta, Storia e cultura di un cibo universale, Editori Laterza, ©2000, Gius. Laterza & Figli