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L’apicoltura, le api e il miele

L'apicoltura – o apicultura – è l'allevamento di api ai fini della produzione e del commercio dei prodotti ottenuti, e fra questi vi è il miele.
L’apicoltore procura alle api ricovero e cure, veglia sul loro sviluppo e raccoglie una quota discreta del loro prodotto: oltre al miele, polline, cera d'api, pappa reale, propoli, veleno. Fra questi, qui ci occuperemo principalmente del miele.

Il genere Apis è datato fra i 50 milioni e i 25 milioni di anni fa.
Le api sociali, cioè le api vere e proprie che funzionano come organismo collettivo, avrebbero un’età che va da 20 a 10 milioni di anni or sono.
Pitture rupestri di circa 30.000 anni fa raffigurano uomini che, appesi a liane, si calano nei dirupi per rubare i favi di miele. Il comportamento dell’uomo verso l’ambiente e la natura si evolve: egli da predatore di miele selvatico divenne allevatore di api.

L'apicoltura è presente in quasi tutti i paesi del mondo, anche se con diversa intensità e con caratteristiche specifiche che riflettono le differenti condizioni ambientali e sociali e comportano notevoli diversità ad esempio in termini di livello professionale degli operatori, tecnologia impiegata, metodi di allevamento.

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Quando è nata l’apicoltura?

Non si sa con precisione quando sia nata l’apicoltura, cioè quando l'uomo abbia imparato ad allevare le api. Tuttavia l'apicoltura era un'attività normale 2400 anni prima di Cristo, durante l'Antico Regno dell'Egitto: scene di raccolta e conservazione del miele sono raffigurate in rappresentazioni riportate alla luce nel tempio del re della V dinastia Niuserra a Abusir.

Quali sono le caratteristiche dell’apicoltura ‘razionale’ o ‘moderna’?

L’apicoltura 'razionale' o ‘moderna’ è una pratica che ha avuto inizio intorno alla metà dell’Ottocento.
Le arnie più primitive non avevano favi mobili ed erano dette bugno o “bugno villico".
Verso la metà dell’Ottocento, fu scoperto lo “spazio-ape”, lo spazio fisso di 9 mm che le api lasciano per distanziare le loro costruzioni – e che permette il passaggio di due api simultaneamente. La scoperta portò all’invenzione dell’arnia moderna a favi mobili, in cui è possibile non solo studiare la vita delle api come dalle pagine di un libro aperto, ma anche ottimizzare la raccolta del miele senza ricorrere all’uccisione delle api, e intervenire sullo sviluppo delle famiglie d’api. Fu una invenzione che rivoluzionò l’apicoltura.
Il telaini inseriti all’interno dell’alveare sono un’innovazione introdotta da Langhstron nel 1851. Il complemento del telaio mobile fu lo smielatore, inventato nel 1856 dal maggiore Von Hruschka, che permette di inserire i telaini per estrarne il miele tramite centrifugazione.

Attualmente vengono utilizzate quasi sempre arnie ‘razionali’.

L’alveare, la piccola scatola al cui interno le api costruiscono i loro favi, in primavera ospita una popolazione numerosissima: circa 50.000 api operaie, 6.000 fuchi e una ape regina.

Le Api mellifere e l’Ape ligustica

Le api mellifere non sono tutte uguali. Il principale ecotipo delle nostre regioni è l'ape ligustica (Apis mellifera ligustica), varietà molto produttiva, “mansueta" e adattabile a diversi tipi di clima.
Tra i suoi nemici naturali oltre al famigerato Varroa destructor, l'acaro vampiro delle api, c'è la Vespa velutina, un insetto killer di origine asiatica arrivato in Italia dalla Francia, che attacca e distrugge gli alveari.

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La produzione del miele: il lavoro delle api

Il lavoro delle api per la produzione del miele è articolato fra diverse funzioni e passaggi. Parte del nettare o della melata raccolti dall’ape bottinatrice passa nell’intestino per l’alimentazione, e il resto, grazie a enzimi, inizia a trasformarsi in miele.
Una volta tornata all’alveare l’ape bottinatrice, il raccolto viene passato di bocca in bocca (trofallassi) e arricchito con sostanze enzimatiche che contribuiranno a farlo trasformare in miele. Il nettare, dopo il passaggio di ape in ape, viene deposto nelle cellette.
Qui inizia il lavoro di deumidificazione, che prosegue finché l’umidità non scende sotto il 18%.
A quel punto, la celletta viene chiusa con la cera (opercolatura).
Scopri di più sull'organizzazione dell'alveare.

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La produzione del miele in forma commercializzabile: l’attività dell’apicoltore

Nel momento in cui l’ape finisce il proprio operato (produzione del miele maturo), comincia la lavorazione da parte dell'apicoltore. Questa si divide in diverse fasi e ha come obiettivo l’ottenimento del miele in forma commercializzabile, al quale, per la legge italiana, non può essere aggiunto né sottratto alcun suo componente.

Vediamo le diverse fasi della produzione.

L’estrazione dai melari

La prima fase della lavorazione da parte dell’apicoltore per la produzione del miele è l’estrazione dei melari.
Per estrarre il miele dal melario, la sezione all'interno dell'arnia che contiene i favi, occorre prima allontanare le api. A tal fine, solitamente l'apicoltore si utilizza l'apiscampo, un disco di plastica che costringe le api a uscire dal melario senza la possibilità di tornare indietro (e che non nuoce in alcun modo alla loro salute), oppure un soffiatore di aria compressa che le allontana in modo più energico, ma comunque senza danneggiarle. Una volta allontanate le api, si possono togliere delicatamente i melari col loro prezioso contenuto.

La disopercolatura

La seconda fase della lavorazione per la produzione del miele è la disopercolatura, cioè la rimozione degli opercoli dalle celle nei melari per permettere al miele di fuoriuscire.
Si portano i melari sul piano di lavoro, dove con un apposito strumento – il rifrattometro – viene controllata l'umidità del miele. Le api normalmente lo opercolano quando ha raggiunto un'umidità inferiore al 18%: se, per ragioni di stagionalità, o per il tipo di miele, lo si trova in condizioni di umidità maggiore, lo si può deumidificare con appositi macchinari che usano dischi rotanti caldi per fare evaporare l'acqua in eccesso.

La smielatura

La terza fase per la produzione del miele è la smielatura. La modalità maggiormente diffusa per smielare è l’impiego della forza centrifuga: i melari sono posti negli smielatori, che fanno fuoriuscire il miele grazie ad un processo di centrifugazione.

La purificazione

La quarta fase per la produzione del miele è la purificazione. Essa serve a eliminare particelle di cera, impurità e bolle d’aria che sono rimaste nel miele nel corso delle fasi precedenti. Viene effettuata attraverso tecniche di filtrazione e di decantazione.

Gli eventuali trattamenti termici del miele

La quinta fase, sconsigliata dal punto di vista della qualità del miele che si otterrà, è costituita dagli eventuali trattamenti termici. Possono essere fatti con diverse finalità, ad esempio per fluidificare i mieli cristallizzati, per invasarli, filtrarli o allungare il tempo di vita del prodotto allo stato liquido. Essi hanno sempre un effetto negativo sul prodotto in termini di perdita d’aroma a causa della presenza di sostanze termolabili
(dipende dalla temperatura raggiunta e dalla durata del riscaldamento).

Il Confezionamento

La sesta fase è il confezionamento. Il miele, prima di cristallizzare, è invasato in contenitori di vetro o plastica. I recipienti utilizzati devono avere un sistema di chiusura ermetico che isoli totalmente il miele dall’aria in modo tale da preservarlo ed evitare che si formi della schiuma.

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Qual è la composizione del miele?

Il miele è una miscela complessa e i suoi componenti, oggetto di continue ricerche e analisi, non sono ancora completamente noti; sono state identificate più di 300 molecole, ma accade che ne venga scoperta una nuova che risulta essere di notevole importanza farmacologica e dietetica.
Gli elementi principali del miele, come vedremo, sono:

  • zuccheri
  • acqua
  • sali minerali
  • acidi organici
  • enzimi

I tipi e le quantità degli elementi contenuti dipendono da diversi fattori come la composizione del nettare o della melata di partenza, la zona di provenienza, le condizioni climatiche, l’andamento stagionale, le tecniche apistiche impiegate e le modalità di conservazione.
Questi fattori modificano notevolmente sia la composizione chimica, sia le caratteristiche morfologiche e organolettiche del miele.

Gli zuccheri del miele e la cristallizzazione

La cristallizzazione del miele dipende dalla proporzione degli zuccheri presenti all' interno. Dal punto di vista quantitativo gli zuccheri costituiscono i principali componenti del miele. Essi sono più del 95% della sostanza secca e circa l’85% della totale.
Gli zuccheri maggiormente presenti nel miele sono i monosaccaridi glucosio e fruttosio che, in rapporto variabile tra loro, insieme costituiscono circa il 90% degli zuccheri totali; solitamente il contenuto di fruttosio è leggermente superiore a quello di glucosio.

Il fruttosio è molto solubile in acqua ed è una sostanza igroscopica, permette quindi di conservare il miele allo stato liquido. Al contrario, un contenuto elevato di glucosio, che ha minore solubilità in acqua, comporta una maggiore propensione alla cristallizzazione del miele. Un’elevata quantità di fruttosio, inoltre, contribuirà a rendere il miele più dolce, poiché questo zucchero è caratterizzato da un potere dolcificante superiore a quello del saccarosio e a quello del glucosio.

Il miele contiene anche diversi oligosaccaridi, il cui contenuto medio è del 5-10% rispetto agli zuccheri totali. Questi non influiscono sulle proprietà fisiche e organolettiche, ma possono essere utili per determinare l’origine botanica del miele, poiché la loro composizione dipende dalla pianta dalla quale esso deriva.

Il saccarosio presente è dovuto alla non completa idrolisi, da parte degli enzimi, di tutto quello presente nel nettare o nella melata di partenza. Alcuni zuccheri, come l’erlosio, derivano dalle trasformazioni enzimatiche operate dalle api.
L’invecchiamento del miele porta ad un aumento del tasso di glucosio, ad una diminuzione dei polisaccaridi e alla degradazione del fruttosio con produzione di idrossilmetilfurfurale (HMF).

Il contenuto di acqua del miele

Il contenuto d’acqua del miele è una caratteristica importante in quanto ne influenza la conservabilità e la lavorabilità.
Il contenuto d’acqua è mediamente del 17%, e dipende da diversi fattori, fra i quali l’origine botanica e le condizioni atmosferiche.

Il contenuto di acidi organici del miele

I mieli contengono acidi organici in percentuali non elevate.
L’acido quantitativamente più importante è l’acido gluconico che determina in
buona parte l’aroma del miele. Altri acidi organici presenti nel miele in piccola parte sono, ad esempio, l’acidito acetico, il butirrico e il lattico.
La presenza di questi composti fa sì che il pH del miele sia acido con valori compresi tra 3.6 e 4.8.

Il contenuto di sali minerali del miele

Il contenuto di sali minerali nel miele è in generale basso (0.02- 1%) ed è molto variabile; tuttavia, esso influenza notevolmente il colore del miele: generalmente i mieli chiari sono poveri di sostanze minerali, mentre quelli più scuri, in particolare il miele di castagno e quello di melata, ne sono più ricchi.
La presenza di delle sostanze minerali è causata dall’assorbimento, attraverso la linfa, dei minerali contenuti nel terreno.

Il contenuto di proteine e amminoacidi

Il miele è povero di amminoacidi liberi e di proteine (ne contiene mediamente lo 0.2-0.3%). Questi possono essere presenti nel nettare, nella melata o nei granuli di polline che si trovano nel miele. Alcuni amminoacidi, come la prolina, provengono da secrezioni delle api e si trovano in tutti i mieli.

Enzimi e vitamine

Il miele contiene diversi enzimi derivanti dalle secrezioni ghiandolari delle api, dal nettare e dalla melata. Tali enzimi catalizzano la maggior parte delle reazioni che portano alla formazione del miele, e si degradano progressivamente nel tempo o in seguito a trattamenti termici: la loro quantità costituisce quindi un indice di freschezza del prodotto.
Il miele è un alimento estremamente povero di vitamine; le quantità presenti sono dell’ordine di mg/kg e non hanno assolutamente importanza dal punto di vista nutritivo.

I costituenti minori del miele

Nel miele sono presenti dei costituenti minori, sostanze che si trovano in quantità estremamente ridotte e chimicamente molto diverse tra loro:

  • composti aromatici e sostanze volatili, che contribuiscono a caratterizzare l’aroma del prodotto;
  • lipidi;
  • esteri;
  • alcoli.

Nel miele possono esservi tracce di propoli.
Infine, possono esservi sostanze esogene di origine naturale o aggiunte dall’uomo.
Eventuali sostanze nocive aggiunte dall’uomo per uccidere i parassiti devono rientrare nei valori di soglia stabiliti dalle normative vigenti.

Il miele italiano contiene indicativamente:

  • 17% di acqua
  • 72% di zuccheri semplici
  • 2% di saccarosio
  • 9% di altre sostanze (sali minerali, vitamine, enzimi, acidi, sostanze aromatiche)

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Proprietà terapeutiche del miele

Il miele, come anche pappa reale, propoli e veleno d’ape, ha alcune proprietà terapeutiche.
Alcune proprietà sono ancora in fase di studio – ad esempio i flavonoidi possiedono proprietà analgesiche -.

Le principali proprietà terapeutiche conosciute del miele sono le seguenti:

  • proprietà antiossidante e antiradicali liberi, causata dai composti fenolici, dalla vitamina C e da altre sostanze. Viene analizzata attraverso metodi che osservano la capacità di questi composti a neutralizzare i radicali liberi in soluzione
  • proprietà antimicrobica, causata dal perossido di idrogeno

I tipi di miele

Esistono due categorie di miele: unifloreale e multifloreale. Il primo deriva principalmente da una specie botanica (in questa categoria rientrano anche i mieli di melata poiché hanno un’unica origine, anche se non nettarifera); il secondo deriva da raccolte in cui non vi è una specie predominante.

I mieli uniflorali italiani

L'Italia, per la varietà del suo territorio, è l'unico Paese al mondo in cui la produzione di miele è caratterizzata da 30/40 diverse fioriture tipiche, e attualmente sono stati classificati 18 tipi di miele unifloreale prodotto in Italia:

I mieli uniflorali sono migliori?

I mieli unifloreali sono considerati una tipologia privilegiata, ma in realtà il loro valore non è superiore da ogni punto di vista a quello dei millefiori. I mieli unifloreali hanno la peculiarità di essere tra loro diversi, con caratteristiche costanti e riconoscibili. La produzione dei mieli unifloreali richiede all'apicoltore maggiore impegno e professionalità.

Come si identifica il tipo di miele?

Per identificare il tipo di miele si analizza normalmente innanzitutto il polline. L’apicoltore sottrae alle api bottinatrici circa il 15% del polline raccolto; per farlo, le costringe a transitare, al ritorno all’alveare, attraverso piccoli fori (trappole del polline).
Inoltre, con l’analisi melissopalinologica effettuata al microscopio, gli studiosi osservano le tracce di polline contenute in un campione di miele, e possono risalire all’origine geografica del miele raccolto. L’analisi individua buona parte delle piante bottinate, e ciò permette di comprendere se il miele è di millefiori, di castagno, di acacia e così via.

L’analisi melissopalinologica, ossia l’analisi del polline dei mieli, è nata con la
finalità di determinare l’origine geografica del prodotto, ed in seguito è stata applicata alla
definizione dell’origine botanica.
Tale tecnica presenta diversi limiti: ad esempio, il polline che si trova nel miele non
deriva solo dalle fasi di raccolta del nettare ma anche da quelle successive di elaborazione da parte delle api, dalle operazioni di smielatura o dal polline disperso nell’atmosfera (arricchimento quaternario). L’analisi pollinica non può quindi essere completamente risolutiva.

Anche per tali ragioni vengono sviluppate tecniche come la risonanza magnetica nucleare, oppure viene introdotta la biologia molecolare in appoggio alla melissopalinologia tradizionale.

Come riconoscere un miele di qualità?

Finora abbiamo considerato il miele senza considerare la sua qualità e come riconoscerla. Che cosa incide sulla qualità del miele? Come riconoscerla?

Trattamenti termici

I trattamenti termici influiscono negativamente sulla qualità del miele. Essi consistono nel sottoporre il miele a temperature elevate (circa 75 °C) per alcuni secondi allo scopo, per esempio, di mantenerlo liquido il più a lungo possibile e più adatto a rimanere a lungo sugli scaffali dei supermercati. Ma sono trattamenti che alterano profondamente il contenuto di vitamine, enzimi e sali minerali del prodotto originario.

Mix snaturanti

Nel caso di produzione industriale anziché artigianale, talvolta prima dell'invaso si ricorre a tecniche di inseminazione del miele: i mieli che, per natura, cristallizzano in maniera grossolana (risultano cioè più grumosi e densi al palato a causa dell'aggregazione dei cristalli di zucchero) vengono miscelati con mieli che cristallizzano in maniera più fine. È un'operazione commerciale, finalizzata ad andare incontro al gusto del consumatore medio, che predilige mieli più liquidi o cremosi. Così facendo, tuttavia, si alterano le naturali caratteristiche di un miele: avremo un prodotto più fluido, ancora di qualità ma senza uno specifico “Dna".

L’analisi organolettica del miele

Oltre ai criteri generali menzionati nei paragrafi precedenti, vi sono criteri che permettono di identificare la qualità del miele attraverso i sensi: è il tema dell'analisi organolettica del miele

Alcune fonti

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5/5 (4 Reviews)
1 Commento
  1. Luigi Forte 24 Settembre 2019 a 22:54

    Ho letto con interesse. Grazie per tutte le cose che ho imparato!

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